Suscita un certo stupore la lettura dei giornali in cui si parla bene della chiesa e dei suoi vescovi. Eravamo abituati ad altri toni. Però sentir parlar bene di un amico fa sempre piacere e don Matteo è un amico anche se ci siamo frequentati poco.
Credo però che sia importante precisare chi è il presidente della CEI perchè ho la sensazione che per la pubblica opinione si tratti di qualcosa di simile al Presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio dei ministri. Niente di più falso. E’ semplicemente un “Primus inter pares” che non può decidere niente se non ha la formale autorizzazione dei vescovi. La Gerarchia, diceva don Dossetti, è lo scheletro della chiesa ed è composta dai vescovi e dai parroci, i primi sono presieduti dal Sommo Pontefice; soltanto loro hanno giurisdizione ordinaria propria.
Per capire questo è necessario avere un’idea chiara della Chiesa: sociologicamente è l’organizzazione del cristianesimo e teologicamente è lo strumento con cui Dio prende e tiene contatti con l’umanità. Prescindendo quindi dai vescovi e dai parroci le strutture fanno parte della organizzazione della chiesa che però dipende sempre da quella teologica. IL presidente della CEI è a capo della struttura sociale del cristianesimo italiano senza nessuna autorità ma semplicemente come tutti gli altri vescovi. Il rischio è di confidare troppo e solo sulle strutture mentre invece occorre confidare sempre e solo nel Signore. Le persone valgono nella chiesa (e non solo) quando traspare da loro il Signore….ma questo presuppone che uno lo abbia incontrato e lo continui a frequentare.
Da non dimenticare che un vescovo vale la sua chiesa con cui si identifica come ci dimostra San Giovanni nell’Apocalisse. Sarà autorevole non tanto se è cardinale o arcivescovo ma dallo spessore evangelico della chiesa che presiede, dalla frequenza dei fedeli ai sacramenti, dalla preghiera a cui sono fedeli, da cui dipende la carità che operano, dalla vivacità del proprio seminario che, insieme agli ordini e congregazioni religiose, dimostrano quanti giovani scelgono di seguire Cristo facendo del vangelo l’unico ragione della loro vita. Questo dimostra se realmente Cristo è al centro della propria chesa. Un vescovo senza una chiesa vivace e fedele è un vescovo “in partibus infidelium” o vescovo emerito.
Don Matteo si presenta Presidente con la sua chiesa di Bologna che, almeno a tradizioni, ha tanto da insegnare.
Le prime parole che il neo eletto ha pronunciato, quasi balbettando ai microfoni, sono state: fedeltà al Papa, comunione tra i vescovi e sinodalità.
Come Vescovo emerito, quindi con tutta l’autorità dell’Anziano che nella chiesa è primaria, vorrei proporre all’amico Presidente che viene da una grande e lodevole esperienza della dimensione sociale della chiesa di sottolinearne con la proposta e l’insegnamento la dimensione teologico – religiosa: la chiesa è soprattutto lo strumento dell’incontro con Dio, Dio deve essere il Primo amato e adorato. Infine di riflettere sul significato di “chiesa in uscita”, soprattutto dopo questa pandemia in cui abbiamo anche chiuso le chiese e di pensare se invece non sia il caso di invitare anche e prima di tutto a venire nella chiesa, di tornare alla chiesa per poi, una volta arricchiti di Dio uscire per annunciarlo ai fratelli.