Fraternitè, egalitè, libertè

Stavo scrivendo questo pezzo quando vedo alla televisione l’intervista che Papa Francesco stava facendo con i giornalisti sull’aereo che da Colombo lo portava a Manila in cui, con la chiarezza che Gli è propria, rispondeva al giornalista francese che chiedeva il parere sui fatti di Parigi. “ La libertà di espressione ha dei limiti:: non si gioca con la religione degli altri. Ognuno ha la libertà di dire quello che pensa. Ma non si può provocare. Non si può insultare o prendere in giro. Ogni religione ha dignità. Se il Dott. Gasbarri, che è un amico, dice una parolaccia contro mia mamma, lo aspetta un pugno! Ma è normale! Non si può provocare!”

Con queste parole si è allargata la fessura aperta sulla folla che ha marciato in difesa della libertà e che si riconosceva tutta in “Charlie”. I giornali hanno dato grande spazio al “pugno “ del Papa ed è apparso che non tutti si riconoscevano in quel “Je suis Charlie” ma ,oltre al venticinque per cento di francesi d’accordo con Le Pin che non erano rappresentati nel corteo, c’era da mettere i puntini sulla i e precisare le cose. Mi son divertito a confrontare la nuvolosità dei ragionamenti dei “Professori”, direbbe Renzi ,con la semplicità del ragionamento di Bergoglio ed ho continuato la mia riflessione sul fatto.

Credo che i francesi debbano invertire il programma , “ libertè, egalitè , fraternitè” con “ fraternitè, egalitè libertè. Se faranno questo credo che il ministro della giustizia ci penserà due volte a proclamare “la Francia è il paese di Voltaire e dell’irriverenza, abbiamo il diritto di ironizzare su tutte le religioni” per condividere con uno dei fondatori del giornale satirico in questione ,Delfeil de Tou , dissociandosi da Charlie ,“siamo degli incoscienti, abbiamo corso un rischio inutile, non bisognava farlo. Dobbiamo essere corretti verso tutti”. Voltaire ha esagerato. I princìpi di Voltaire hanno creato quello che Peguy chiamava “l’inferno sociale moderno laicizzato”.L’utopia dell’Accademia con l’Assoluto dello “scientificamente razionale “si finisce nell’assoluto irrazionale e spesso inumano. La libertà senza la fraternità produce la giungla e dove non arriva la fraternità deve essere imposto il rispetto che non significa privazione della libertà ma giusto uso della libertà che non è altro che la capacità dell’esercizio del bene per attuare l’amore.

Solo dalla fraternità può derivare l’uguaglianza di uomini che non nascono uguali, con buona pace di tutti. Siamo uguali per diritto ma non per natura. Il portatore di handicap ha più diritti di una persona sana, il malato ha più diritti del sano ma sarà difficile che questi diritti strettamente legati alla persona possano essere completamente tutelati da una legge prescindendo dall’amore rispettoso non dei “cittadini” ma dei “fratelli” (fraternitè) della stessa famiglia umana a cui appartengono.

Nel contesto descritto l’uomo può esercitare la libertà, cioè il suo potere di fare il bene perché servirsi della libertà per fare il male è liberticidio non esercizio della libertà. La mia libertà finisce dove comincia quella dell’altro. Ciascuno deve essere libero di essere se stesso anche di essere permaloso per cui ciascuno deve rispettare anche il carattere e l’umore dell’altro e anche se il sarcasmo può essere graffiante, scrive un fiorentino, mai però volgare e offensivo della persona o dei suoi valori più sacri. Per questo in Italia non si può bestemmiare in pubblico, non certo per difendere Dio, che sicuramente ci pensa da se, ma per rispetto della fede degli altri.

Quando gli amici di cui abbiamo parlato si saranno presentati alla Trinità si saranno accorti che è completamente diversa da come l’hanno raffigurata nelle loro blasfeme vignette e spero che , anche se Dion non ha riso perché non erano per niente spiritose, abbia avuto pietà di loro.

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