Gesù parlò in parabole

XV Domenica del T.O.

Gesù parlò in parabole

La natura e il cosmo non sono il semplice quadro per le nostre attività o semplicemente un avversario che dobbiamo dominare. Anche le cose sono ad immagine di Dio e anch’esse sono lavorate dallo Spirito Creatore. È per questo che Gesù può parlare in Parabole. C’è un parallelismo, una analogia, una similitudine tra le realtà “naturali” (la crescita di una pianta, il lavoro umano, le relazioni profane tra gli uomini) e il “Regno”. È per questo che Gesù comincia spesso con le parole: “Il Regno di Dio è simile a…”, come vedremo anche le prossime settimane. Questo ci basta per capire che la classica distinzione tra l’ordine naturale e quello soprannaturale, per quanto pratica essa sia, non è da assolutizzare. Tutte le nature sono di origine soprannaturale, perché sono originate da Dio.

Il seminatore uscì a seminare. La parabola del seminatore o del seme è la luce dell’insegnamento del Vangelo; tutto il Vangelo va letto alla luce della venuta del Regno. Gli uditori di Gesù, formati nella tradizione rabbinica, aspettavano il Regno, cioè l’intervento di Dio come giudice che sarebbe venuto a stabilire la giustizia e mettere le cose a posto. Gesù viene a correggere questa maniera di pensare: il Regno di Dio è già venuto ed è “in mezzo a noi”. La venuta di Gesù rappresenta per se stessa il giudizio atteso. La parabola del seminatore vuol mettere a posto il pensiero dei discepoli: tutto è rimasto al suo posto?  Yahveh non instaura il suo Regno con potenza? Tutto si svolge come l’avventura di un seme: la Parola esercita un giudizio, sortisce un effetto, ma dipende dal fatto di venire accolta o rifiutata dal sentimento con cui viene accolta o del rifiuto che riceve dagli uomini.

L’ora del Regno. Certamente il Regno ha una realizzazione escatologica, al ritorno di Cristo, ma qui Gesù non intende parlare di questo. Qui si tratta della crisi (o la condivisione o il rifiuto) provocato dalla venuta di Cristo (Gv 1). Questa è l’ora della messe. Il tempo dei profeti seminatori alla Giovanni Battista è finito. Dappertutto si ritrova il tema della messe matura (Gv 4, 35-38). La venuta del Regno, oggi, è questa Parola che porta frutti qui e altrove. Questa parola il cui frutto dipende dall’uomo. Il Figlio è offerto agli uomini ed essi ne fanno quel che vogliono. Dunque, niente installazione autoritaria e trionfante del Regno, ma una chiamata. Chiamata che non è senza effetti. La parabola del seminatore è in effetti una parabola di speranza. Malgrado il cattivo terreno il seme fruttifica.

“Chi ha orecchi, intenda”. L’orecchio che intende è la stessa cosa del buon terreno, l’accoglienza del Regno proposta oggi. Si presenta in parabole, perché Gesù stesso è una parabola, vale a dire una realtà concreta di questo mondo che ricopre la realtà stessa di Dio. Scoprire Dio attraverso Gesù, comprendere le parabole. La stessa cosa vale per la Parabola Chiesa (in cui si trovano tutti i terreni). L’istallazione del Regno, il giudizio del mondo, avviene ora. Tutti siamo in questa crisi di fronte alle cose. Entrare o non entrare. Possiamo far venire il Regno qui e ora. Per noi e per gli altri.

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