Le lezioni della crisi
Riflessioni nel cenacolo
Siamo nel cenacolo, con Maria , la Madre di Gesù, a trascorrere gli ultimi giorni della crisi e quindi anche l’ultima occasione per riflettere su quello che abbiamo vissuto e le lezioni di vita che ne sono derivate.
La crisi è cominciata in Cina e mentre eravamo preoccupati del materiale che a poco prezzo ci arrivava dalla Cina compromettendo il nostro mercato e i nostri prodotto “made in Italy” questa volta il problema non era di concorrenza da di sorte comune. Questa vulnerabilità è la prima lezione di questa crisi. La vulnerabilità degli individui che possono essere contaminati senza averne coscienza, la vulnerabilità del sistema economico mondiale e per quanto ci riguarda i paesi occidentali , il nostro modo di vivere. Siamo stati confinati. L’equilibrio economico e sociale che ci faceva diversi è finito: tutti nello stesso pericolo.
Per continuare a vivere bisogna fermarsi. Un’ aberrazione per un sistema fondato sulla crescita. E’ un sintomo che il nostro sistema era invivibile?
Il XX secolo ha fondato un suo mito, quello del progresso, un progresso economico fondato sulla crescita appoggiata sul consumo. Ovviamente questo progresso fondato sul consumo si fonda su una prospettiva che l’universo è illimitato. Invece bisogna economizzare, risparmiare, condividere.
La crisi impone una certa riduzione delle relazioni, dei divertimenti e delle attività. Questa spogliazione ci fa prendere in considerazione certi aspetti della nostra esistenza a cui nessuno pensava: la vita, la morte, la salute, la precarietà delle nostre relazioni affettive e delle nostre relazioni sociali. Cartesio diceva che è necessario fermarsi nella propria camera per pensare. Penso che questa quaresima che ci è imposta sia stata utile per sbarazzarci di un certo numero di cose effimere e concentrarci sull’essenziale della nostra vita.
Impareremo qualcosa? Non è detto. I profeti servono per coloro che credono in loro. Hanno detto “Hanno occhi e non vedono. Hanno orecchi e non sentono” (Ger 5,21). Il sistema in cui viviamo è paradossale: da una parte esalta la dimensione universale e internazionale e dall’altra non tiene conto che dell’individuo, il famoso individualismo di cui si parla continuamente. E’ ovviamente l’individuo da leggere alla luce del mondo intero. E’ l’individuo al vertice dell’esistenza umana. . L’individuo non può vivere che in un sistema di relazioni di solidarietà con il mondo. Non si tratta di portare il lavoro in casa col computer con risparmio di denaro ma di riprendere coscienza delle nostre solidarietà immediate. Di capire che una nazione non è soltanto una somma di individui indipendenti l’uno dall’altro ma una collettività in cui tutti dipendono.
E’ la questione di giovani che lasciano il paese. Cosa andate a cercare? Una situazione di maggior profitto? O invece il desiderio di far entrare nel vostro progetto il problema del servizio degli altri?
Come si vivono tutti gli eventi della nostra vita? In un universo chiuso in noi stessi o in un universo che si riferisce a quache Altro. Se Dio non esiste non abbiamo che da riferirci al piccolo universo delle nostre conoscenze. Allora ogni piccolo evento diventa una catastrofe che turba fino all’abisso la nostra piccola visione del mondo. Ma se consideriamo che questo universo è stato donato all’uomo perchè ne faccia un uso positivo allora cercherà come arrivare a farlo produrre al massimo. In un certo senso l’attuale crisi sanitaria è un’occasione di risveglio, riscoprire le relazioni di vicinato e di solidarietà. Si riprende coscienza che le persone non esercitano la loro professione unicamente per il loro profitto ma per il servizio degli altri.
Siamo rimasti diverse settimane senza Eucarestia, cosa irrepetibile, però c’è anche una aspetto che non possiamo ignorare: la grazia di Dio non passa soltanto attraverso i sacramenti, è quello che ripeto continuamente a coloro che non possono accostarsi alla Comunione. La grazia di Dio non passa soltanto attraverso canali ma viene ad alluvione, è davvero un tzunami che invade l’universo per cui vive . Questo digiuno sacramentale spero sia servito a prendere coscienza che i sacramenti non sono dei riti sociali che si fanno per abitudine ma un vero incontro con Dio.
Spero che usciamo da questa pandemia con la coscienza che esiste una gerarchia di valori a cui consacrare tempo e denaro. Prima di tutto il nostro mondo interiore a cui dedicare letture e formazione , un mondo che può diventare lo spazio per una nuova comunicazione con Dio . Poi la famiglia. Riscoprire che la vita di famiglia è un momento forte più importante di tante altre cose.