La confusione continua. Quotidianamente ci vengono date notizie sulle difficoltà del Papa che sembra addirittura alla ricerca, non dico della soluzione del problema, ma dell’ atteggiamento da tenere: silenzio o intervento.
La settimana scorsa sono stati a Roma circa trecento vescovi da tutto il mondo per incontri vari e il Papa ha loro delineato la figura del vescovo come “Uomo di preghiera, che vive in mezzo al suo popolo e consapevole di essere scelto da Dio”.
Molto bene, ci mancherebbe, però mi permetto, per il fatto di essere prete da cinquantasette anni, vescovo da trentuno e sei da emerito, cioè dedito essenzialmente “alla preghiera e all’annuncio della Parola” e della stessa età del Papa, di introdurmi nel discorso aggiungendo un particolare: il Vescovo può raggiungere le persone, stare con la gente esclusivamente attraverso i preti, il suo lavoro e intervento è quasi sempre indiretto. Anche se è vescovo di una piccola diocesi , una di quelle che tra l’altro si dice debbano essere soppresse, non potrà mai avere un contatto diretto e stabile se non con un gruppo limitato di persone. Sant’Ignazio di Loyola parlando del Preposito Generale della Compagnia di Gesù dice che solo eccezionalmente deve dare direzione spirituale, deve invece preoccuparsi che non manchino ai fedeli confessori e direttori spirituali. Aveva capito bene che il “fai da te” è molto più semplice che dover lavorare sempre attraverso terzi, eppure è così.
E’ evidente che in tutto il problema della pedofilia l’anello debole sono i sacerdoti e i religiosi e, guarda caso tra i vescovi e cardinali il loro rapporto con i preti e seminaristi.
La prima cosa da fare è quindi creare e mantenere un rapporto sano tra il vescovo e il suo clero, è sufficiente che i vescovi si mettano in testa che i parroci dei preti sono loro. Loro hanno la responsabilità della salvezza dell’anima dei preti quindi della loro preghiera, del loro rapporto con Dio, della loro vita morale e spirituale. Una volta andava di moda parlare di foro interno e foro esterno, ora si parla di rapporto personale autentico e vero, sereno, amicale, e questo, credo, sia l’unico caso di parlare di trasparenza. Per poter realizzare questo bisogna che il vescovo stia con i suoi preti, li incontri, non li aspetti soltanto ma che vada a trovarli, si interessi realmente alla loro famiglia, alla loro salute, ai loro problemi finanziari. Ciascuno ha bisogno di sentirsi amato per aprirsi, solo l’amicizia fa i miracoli in tante situazioni. Da tener presente, poi, che i preti fanno le cose solo per amicizia, nessuno crederà che lo facciano perché il vescovo o la CEI lo hanno comandato.
Purtroppo tra l’episcopato questa mentalità non è generalizzata. Ci sono vescovi che dopo anni di permanenza in diocesi non hanno mai visto alcune parrocchie e non hanno mai parlato con alcuni preti. Questo è un obbligo del vescovo. E’ un dovere. Non parliamo poi delle situazioni in cui il vescovo va in Procura a denunciare i suoi preti ”chiacchierati” di pedofilia, incredibile ma vero. Ogni vescovo deve interrogarsi qual è la sua situazione con i singoli preti e mettere in agenda l’incontro a scadenza fissa con ciascuno di loro. Basta provare a programmare l’incontro di un’ora : è sicuro, che dopo i primi momenti e le prime volte ai preti non mancheranno gli argomenti da trattare. Finirà prima la pazienza al vescovo di ascoltare che al prete di proporre e dire. Per il Vescovo quello dedicato ai preti e ai religiosi è il tempo più prezioso e il ministero da preferire.
Vale per il vescovo quello che San Benedetto dice dell’Abate:”Anzitutto non trascuri o non tenga in poca stima la salvezza delle anime a lui affidate, per darsi più cura degli interessi transitori, terreni e caduchi; ma pensi invece sempre che ha ricevuto in cura delle anime da guidare di cui dovrà rendere conto….. Sappia inoltre che chi si accinge a governare anime deve prepararsi a renderne conto”.(Regola cap II)
Papa Francesco , parlando alla CEI ha accennato al caso di vescovi che si fanno invitare a cena e che non pagano mai di tasca propria. So per certo che i preti non apprezzano molto neppure la cena preparata personalmente dal vescovo; preferiscono parlare e magari vedere il proprio vescovo o pregare o studiare anziché in cucina in tenuta scautistica.
Ho sognato che il Papa dicesse a quei trecento vescovi “Ora tornate a casa e prima di Natale incontrate personalmente tutti i vostri sacerdoti, ovviamente non convocandoli in curia, ma cercandoli nelle loro case dedicando loro almeno un’ora. Lo stesso discorso lo farei per le varie conferenze episcopali: ridurre del cinquanta per cento le riunioni, le assemblee, le commissioni per privilegiare al cento per cento l’incontro personale con il proprio clero. Son certo che sarebbe una pietra fondamentale per aiutare il clero ad essere fedele e magari santo, secondo la misura proposta dalla persona del Vescovo, ovviamente.
+Giuseppe Mani