Anche don Michele se n’è andato alla casa del Padre, ha raggiunto il traguardo. E’ il mio secondo alunno diventato vescovo che mi ha preceduto nella patria. Il primo fu Petar Solic, ausilare di Spalato, dopo soltanto dieci mesi di episcopato, il secondo è stato Lui.
Lo ricevetti ragazzo al Seminario Romano minore e lo ho accompagnato fino al Sacerdozio, quindi all’episcopato. Poi mi ha preceduto. Lo ricordo bravo seminarista giunto a Roma dalla sua Altamura, preciso in tutto, educato, riservato, veniva da una bella famiglia, aveva preso molto da sua madre. Fece brillantemente i suoi studi alla Gregoriana e tornò in diocesi dove fu segretario del Vescovo, direttore spirituale del seminario minore ed insegnante di religione.
Era stato nominato da poco segretario della Congregazione per i Vescovi Mons Lucas Moreira Neves, venne in seminario e chiese al Rettore: “Dammi il nome di un giovane sacerdote, tuo alunno, che ti prenderesti come collaboratore di piena fiducia”. Il rettore non ebbe dubbi nel fare il nome di Michele Castoro che di lì a qualche mese cominciò il suo servizio presso la Congregazione dei Vescovi insieme al servizio pastorale di una parrocchia di Roma. Si può dire di Lui , come si definì un Altro: “Umile servitore della Chiesa”. Diede con dignità, riservatezza, serietà e fede la sua collaborazione ad uno dei servizi più delicati: la nomina dei vescovi. Apprezzato dai superiori fu nominato vescovo di Oria dove rimase per quattro anni e poi diventare Arcivescovo di Manfredonia, Vieste e San Giovanni Rotondo, delegato della “Casa della sofferenza” di Padre Pio e presidente dei gruppi di preghiera. Svolse con raro equilibrio quel compito da essere comunemente apprezzato. Un anno fa, accusando un leggero malora all’addome, si fece visitare e risultò quella malattia che lo avrebbe condotto alla fine. Dopo il primo momento di smarrimento, con equilibrio e padronanza di se, ha affrontato la situazione delle pesanti cure mettendo ancora a disposizione le ultime forze che gli restavano senza farsi illusioni. Nell’incontro che ebbi con lui, poco dopo la notizia della malattia, mi stupì la serenità con cui si preoccupò di informarmi “Sono pronto, ho fatto la confessione generale e il testamento. Eccomi, quando il Signore vuole”. Obbediente come sempre con spirito di fede aveva accettato la chiamata come quella al sacerdozio e all’episcopato, era l’ora della Croce e l’ha affrontata con serenità. Ormai i miei alunni che mi hanno preceduto nel Regno sono una decina e di tutti ho un ricordo particolare. Non ho niente di originale da raccontare di don Michele, non era un carismatico, era un servitore fedele, dignitoso e serio, era il classico uomo di chiesa di cui potevi fidarti. Son certo che il Signore lo avrà accolto con le parole “Vieni Servo buono e fedele, entra nella casa del tuo Signore”.
“O Maria quant’è felice chi ti sceglie a sua Regina” Ora lo canterà a piena ragione insieme ai suoi amici di un tempo, a Salvatore, a Luigino, a Willan, a Petar, a Nicola e a tutti quelli che hanno camminato insieme verso l’altare e che ci aspettano nella Gloria.