Evangelizzare

Parte 2

In un tempo in cui si ritiene che è bene non fare il presepio per non offendere la sensibilità dei musulmani come evangelizzare? E’ il caso di evangelizzare o è meglio limitarsi a fare atti di carità e di amore considerardoli evangelizzazione indiretta, con l’ esempio più che con la parola. L’evangelizzazione può essere fatta in due modi: direttamente, annunciando la verità in cui si crede o vivendo il proprio cristianesimo senza parlare, senza “dar ragione della speranza che è in noi”. 

Se il dialogo ecumenico e il rapporto con le altre religioni non è bene inteso può prestarsi ad equivoci molto gravi. Il Papa che va in moschea, le curie che autorizzano le moschee, le preghiere insieme con i fratelli separati ecc. Tutte cose ottime ma che devono essere ben precisate. Nessun cristiano può essere dispensato dall’annuncio formale della propria fede. Nessuno è tenuto a fare le crociate ma a dire la ragione della propria speranza, si. Nel contesto del dialogo con le  altre religioni chi ne fa le spese è spesso San Francesco, santo di moda ma spesso frainteso . Quando Francesco andò dal Sultano , ci racconta San Bonaventura : “Finalmente la terza volta, dopo aver provato molti oltraggi, catene e percosse, con la guida di Dio venne condotto al cospetto del Soldano (?) di Babilonia, la predicò il vangelo di Cristo, con una manifestazione così efficace di spirito e di potenza che lo stesso Soldano ne fu ammirato e diventato mansueto per divina disposizione, lo ascoltò con benevolenza”. Francesco non va a predicare la fraternità universale ma Gesù Cristo unico salvatore dell’uomo.

Ci parla chiaro sull’argomento Madeleine Delbrel, questa donna  assistente sociale che, negli anni ‘50 è vissuta ad ivry sur Seine, in piena periferia  rossa di Parigi collaborò con i Comunisti associandosi a tutto quello che di umanitario poteva essere fatto insieme. Nella collaborazione  si accorse che mancava una dimensione fondamentale: “Questi uomini  hanno bisogno della Parola di Dio, di uomini che appartengano pubblicamente a Dio e che spieghino la loro vita a partire da Dio. Direi che ne hanno maggiormente bisogno dopo che altri cristiani sono diventati per essi degli amici presenti e fraterni. Si tratta di fare l’ultimo scalino ma in tutto il suo rigore, il rischio stesso della chiesa, quello che causa tutte le sue rotture. Se mancasse questa sofferenza nei luoghi in cui la chiesa vive libera, certi uomini udrebbero meno la Parola di Dio di quanto non avvenga nella chiesa del silenzio.” ( M. Delbrel, Citta marxista terra di missione)

E’ un problema della massima attualità. Alle centinaia di miglia di persone che accogliamo dalla loro povertà , insieme all’accoglienza materiale dobbiamo il Vangelo. Non certo condizionare gli aiuti alla loro adesione al cristianesimo, ma che sia chiaro che quello che i cristiani fanno non lo fanno  per nessun altro motivo se non  per dissetare il Cristo morente che dalla Croce grida ancora “Ho sete”. Se il motore della nostra carità è Cristo il nostro amore è puro e ci da la possibilità di parlare di Cristo, se non è così “E’ concupiscenza” direbbe Guglielmo da St Thierry. La Madre Teresa di Calcutta, che di poveri e di uomini se ne intendeva,  ha scritto che le sue suore devono andare dai poveri non tanto per aiutare chi ha bisogno quanto per dissetare Cristo che dalla Croce grida “Ho sete”.  Il centro dell’amore della Chiesa è Cristo e soltanto quello che parte dall’amore per Lui è Cristiano. Soltanto a questo punto si capisce come non è possibile dispensarci dall’evangelizzazione formale: parlare direttamente di Cristo come l’unico Salvatore dell’uomo e il nostro più caro amico.

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