La scorsa settimana alcuni amici mi hanno passato uno dei tanti libretti di “regime” “Il Papa della prima volta” non tanto per i vari interventi piuttosto scontati quanto per l’introduzione del padre Federico Lombardi che è davvero un capolavoro. Nella raccolta delle prime volte non era ancora previsto che il nunzio degli USA , dopo aver esposto la situazione di alcuni vescovi e Cardinali chiedesse le dimissioni del Papa perché non aveva fatto subito piazza pulita.
Tutti noi, uomini di chiesa, potremo fare l’elenco delle sciocchezze fatte o presumibilmente fatte dai nostri relativi superiori e, anche se pur desiderando che arrivino presto anche per loro i fatidici settantacinque o gli ottanta anni raramente abbiamo pensato di chiedere le loro dimissioni. Ciascuno è libero di chiedere ciò che vuole.
Il Papa dimissionario non è più una novità, Ricordo il gesto di Benedetto come un modello di come si agisce in queste situazioni “Ho interrogato davanti a Dio la mia coscienza ed ho deciso…” Stupenda lezione di agire cristiano, modello per tutti. Io, Dio e la mia coscienza, ecco i tre elementi indispensabili per un vero “discernimento”, direbbe Papa Francesco secondo la migliore tradizione della chiesa. Son certo che se Ratzinger avesse ascoltato Cardinali e Nunzi apostolici difficilmente sarebbe arrivato alla sua decisione. E’ chiaro che il Papa può dimettersi quando vuole ma deve darci la certezza che lo ha fatto seguendo la sua coscienza illuminata da Dio. Questo dobbiamo esigerlo, non le dimissioni.
Anch’io mi son trovato della situazione del povero nunzio degli USA, come sicuramente tanti uomini di Chiesa, e il Signore mi ha condotto ad un discernimento che è diventato un cardine della mia vita di fede nella chiesa. Ve lo racconto volentieri.
Mi trovai in una situazione in cui dovetti, in coscienza prendere una decisone molto grave ma ben ponderata e spiritualmente saggia. Ovviamante un mio superiore , che nella chiesa occupava un posto di massima responsabiità, si pose di traverso e decise esattamente il contrario. Vi lasci immaginare la mia reazione. Dovevo tenermi tutto dentro perché la mia posizione non mi permetteva esternazioni alla Mons. Viganò. Finalmente incontrai la mia valvola di sfogo, un carissimo amico, persona fidatissima con cui potevo sfogarmi: don Giuseppe Dossetti. Carico come ero lo aggredii raccontandogli quanto mi era capitato e soprattutto ripetendo il motivo che non era possibile che in certi posti della Chiesa ci fossero delle “rape” di quel livello. Mi ascoltò in silenzio ripetendo ogni tanto, forse per risparmiare che lo dicessi io “rape”. Finito il mio sfogo prese lui la parola. “Vedi don Giuseppe, tu hai ripetuto la parola rape per alcuni che ti hanno deluso ma non hai capito che nella chiesa, sopratutto quelli costituiti in autorità, sono tutti “rape”.Tu sei un bravo vescovo ma a confronto con gli apostoli che sono addirittura martiri sei una “rapa”. Puoi salire fino al grado più alto. Noi crediamo che il Papa è il Vicario di Gesù Cristo, ma anche se uno è la personalità di Wojtyla a confronto con Gesù Cristo è meno di una “rapa”. E’ tutto così. Gesù ha voluto così perché la chiesa è “una grande esperienza di povertà”. Dio sceglie le cose umili, semplici, povere e ignoranti per confondere le forti, perché facendo poi cose grandi nessuno pensi di essere stato lui ma Dio, proprio perché “nessuna carne si glorifichi dinanzi a Lui”. Ovviamente la testimonianza di Don Giuseppe Dossetti mi colpi, mi calmai, ritrovai la mia serenità e soprattutto ne parlai con gli amici che rimasero ammirati come me. A quei tempi , tutte le volte che mi capitava di andare dalle parti di San Pietro salivo sempre all’ultimo piano del palazzo di Borgo Santo Spirito, dove nella curia dei Gesuiti c’era P. Dezza , cardinale, che mi vedeva sempre volentieri e a cui raccontai la mia esperienza con Don Giuseppe Dossetti. Quel santo vecchio non si scosse, rimase indifferente dinanzi al mio entusiasmo tanto che dubitai che avesse capito ma dinanzi alla mia insistenza rimase tranquillo , direi indifferente. Vista la mia insistenza per sapere cosa ne pensasse ad un certo punto scoppiò “E’ vero che l’esperienza di chiesa è una esperienza di povertà ma a trovare uno meglio di…………..per metterlo a capo di ……. Ci voleva poco”. La lezione di don Giuseppe fu completata. E’ proprio vero. L’esperienza di Chiesa è una grande esperienza di povertà anche se ciò non dispensa dall’impegno di lavorare con serietà e fare le scelte con autentico discernimento soprattutto quando si tratta di persone che devono far parte della gerarchia che, come diceva Don Dossetti, è lo scheletro della Chiesa.
Questo però non basta. Qualcosa bisogna pur fare. Certamente.
Mi son trovato ultimamente tra alcuni “contemplativi” che manifestavano le loro perplessità circa alcune scelte di Papa Francesco e dinanzi al loro turbamento uno di loro prese la parola con una dolcezza e una pace che strappò l’attenzione di tutti. “Non capisco le vostre preoccupazioni. Siamo qui. Possiamo pregare, dirlo al Signore, manifestargli le nostre preoccupazioni e siate certi che Lui interverrà, non gli mancano i mezzi per cambiare Papi e Cardinali. Se non li cambia vuol dire che va bene così o che ha bisogno di tempo. Non capisco le vostre preoccupazioni”. Ecco cosa fare in questo momento: presentare a Dio le nostre preoccupazioni e pregare per il Papa. La chiesa ci fa pregare per Lui così: “Che il Signore lo conservi, che gli dia forza, che lo faccia felice in terra (credo che ne abbia proprio bisogno) e che non lo abbandoni nelle mani dei suoi nemici. (che in questo periodo non gli mancano anche se si professano fedeli e di non avercela con lui). Amen