La scorsa settimana il quotidiano “Il Foglio” dedicò un articolo alla situazione delle vocazioni sacerdotali in Germania descrivendo una situazione drammatica. Per me è il problema principale della Chiesa del vecchio continente. Quando Ratzinger arrivò vescovo a Monaco e trovò il seminario vuoto disse che la prima cosa da fare era lavorare per le vocazioni: disse è “il problema della nostra sussistenza”, aveva ragione. Dinanzi ad un problema del genere mi stupisce il poco interesse, diciamo la poca attenzione che gli si da. Durante la sua visita, nel duomo di Milano, un padre cappuccino, si rivolse al Papa descrivendo la situazione vocazionale in toni drammatici, ma veri. Il Papa serenamente rispose che era essenzialmente “un problema demografico”. Sicuramente la demografia è un problema, ma non penso sia né l’unico né la principale ragione della mancanza di vocazioni.
Parlando col Card. Martini, mi disse che era un problema che gli sfuggiva. Una cosa è chiara: i preti sono necessari per la vita della Chiesa, dove non c’è Eucarestia non c’è Chiesa, e Dio non è sicuramente la causa della mancanza di vocazioni. Dio è all’origine dei doni non la causa della miseria e per la Chiesa la mancanza di vocazioni non è povertà, ma miseria. Allora qual è la soluzione del problema? Anche Sgarbi si è interessato scrivendo un articolo divertente, ma ovviamente fuori contesto, invitando i giovani a farsi preti per entrare in una categoria che ha lo stipendio assicurato (ed è vero!), un lavoro degno, assumendo la responsabilità della maggior parte del patrimonio artistico d’Italia che si trova nelle chiese.
Quello del prete non è un mestiere, ma una vocazione e vi è coinvolto Dio e l’uomo. È noto che alcuni benpensanti ritengono che una delle ragioni della mancanza di vocazioni sia il celibato. Niente di più falso: la stessa penuria è tra i pastori protestanti e per i rabbini che hanno famiglia.
Ammesso che Dio è sempre largo di doni, che ama la Sua Chiesa per cui non può far mancare i suoi ministri, la ragione di questa mancanza è senz’altro da parte nostra, e l’unica cosa che il Signore ci chiede è quella dell’evangelizzazione. Ovviamente l’evangelizzazione formale, della sequela di Cristo completa e totale. Ciò che deve preoccupare non è la mancanza di personale che tenga aperto i “sacri negozi”, ma la mancanza di giovani che intendano seguire Cristo totalmente investendo la loro vita su di Lui. La ragione ce l’ha data San Paolo: “Come crederanno se non c’è chi annuncia?” E tradotto all’argomento: come potranno mettere in programma di investire la loro vita se nessuno gliene parla?
Stupisce la quasi totale assenza nella chiesa dell’evangelizzazione di questo argomento. Ogni tre anni vengono convocati milioni di giovani che partecipano alle Giornate Mondiali della Gioventù. Non mi è mai capitato di sentire una proposta alla sequela totale di Cristo eccezion fatta per Kiko che la fa ai giovani catecumenali che poi iniziano il cammino di discernimento vocazionale. Si teme di condizionare i giovani con una proposta formale: col voler rispettare la libertà si privano le persone di fare scelte a pieno campo.
L’evangelizzazione, cioè l’annuncio formale generale e personale è indispensabile, come ha fatto Gesù nel Vangelo. Poi tra i discepoli, non tra la folla, ne chiamò dodici. Li ha chiamati Lui, non sono andati da sé. Uno si propose personalmente, l’ex indemoniato di Gerasa, ma Gesù lo rimandò a casa.
La proposta che fa la Chiesa da parte di Cristo deve scender su un terreno che ha già conosciuto il Signore e vuol vivere per Lui.
Tra tanto deserto non mancano oasi in cui si sperimenta l’efficacia della evangelizzazione vocazionale. Posso citare la diocesi di Parigi dove, nel deserto della Francia, c’è un seminario con tanti aspiranti al sacerdozio! Personalmente posso testimoniare, e con me tutti i miei collaboratori di un tempo, quanto sia efficace la evangelizzazione vocazionale. Non mancano neppure monasteri dove si ospita e si evangelizza e che si riempiono di giovani che cercano soltanto il Signore nella preghiera e nella contemplazione.
Verrebbe da pensare che anche per le vocazioni vale la legge del marketing: “La propaganda è l’anima del commercio”. Niente di più falso, ogni vocazione ha una dimensione divina che si rivela nell’aspetto misterico che si manifesta in tutti coloro che intraprendono la via della sequela di Cristo. Dimensione di mistero che è sempre accompagnata dal timore e dallo stupore di chi si trova coinvolto in una realtà più grande di lui a cui non può misteriosamente sfuggire.
La chiesa vive di evangelizzazione e di Spirito Santo che condiziona la sua venuta alla nostra evangelizzazione. Vi siete posti il problema della spaventosa diminuzione delle presenze alla Messa domenicale? E al sacramento della Confessione? Quante volte avete sentito parlare della necessità della Messa e della Confessione? Se manca l’evangelizzazione manca tutto. “Sono stato mandato ad evangelizzare, non a battezzare” dice San Paolo. Il crollo di tante realtà ecclesiali non dipende soltanto dal fatto che son cambiati i tempi e la moda, ma perché non si evangelizza. È triste passare davanti a strutture ecclesiastiche, scuole, monasteri e seminari e vederli chiusi come la sede nazionale del Partito Comunista in via delle Botteghe Oscure. Credo che ci sia una certa differenza, anche se non mancano alcuni che optano per una chiesa liquida in una società liquida. Non è vero: la chiusura dei nostri seminari e di tante opere ecclesiali sono una controevangelizzazione. Quando ci sveglieremo e obbediremo al mandato facendo o la Nuova o la vecchia evangelizzazione rivedremo il miracolo della sequela di Cristo da parte di tanti giovani che aspettavano soltanto l’annuncio per rispondere alla chiamata.