Sono diventati Vangelo

Domenica prossima, Papa Francesco, compie uno degli atti più importanti del suo mandato di successore di Pietro, il più importante atto di evangelizzazione: canonizza otto discepoli di Cristo. Cosa vuol dire? Li dichiara santi. E questo essenzialmente significa: dichiara che la loro vita è stata conforme al vangelo, che la loro vita era diventata vangelo. Papa Ratzinger nel suo libro Gesù di Nazareth afferma, commentando la pagina delle beatitudini, che una delle forme per capire il vangelo è la vita dei santi. La loro vita è una chiara forma di esegesi.

Vuoi sapere cosa vuol dire “beati i poveri”? Eccoti San Francesco d’Assisi, eccoti Santa Teresa di Calcutta. Vuoi sapere cosa vuol dire “Beati i puri di cuore”? Eccoti Santa Maria Goretti, eccoti Santa Teresa del Bambino Gesù. Vuoi sapere cosa vuol dire il primo e massimo comandamento? Eccoti San Massimiliano Kolbe, eccoti don Pino Puglisi, eccoti Oscar Romero. Certamente non c’è niente di più chiaro della loro vita, anche gli le persone più semplici la capiscono. Essere dichiarati Santi non è entrare in una categoria particolare per cui la gente accende le candele e viene messo loro in capo un cappello rotondo che si chiama aureola, ma essere proposti alla chiesa come modelli di come si segue Cristo e si vive il Suo Vangelo.
Domenica il Papa dichiara otto nuovi Santi e tra di loro ci sono tutte le categorie di persone anche se manca soltanto una coppia di sposi, e questo mi dispiace. C’è un Papa, Paolo VI, un Sacerdote, delle suore e un modesto operaio laico che fu riconosciuto fin dalla sua morte un santo a furore di popolo Nunzio Sulprizio. Ciascuno ha le sue preferenze anche tra i santi e anch’io esprimo la simpatia e devozione per uno della mia categoria, un Arcivescovo, Oscar Romero, il più grande di tutti gli altri perché coronato dalla corona del martirio e nella chiesa non c’è niente di più grande del martirio , perché il più vicino al primo dei martiri: Cristo Gesù. Fu arcivescovo di San Salvator e difensore dei poveri contro la dittatura militare del suo paese. Lo avevano minacciato ma non ebbe paura e continuò a predicare il Vangelo della giustizia e della fraternità. Il killer dello squadrone della morte lo aspettò proprio nel momento più solenne della sua vita: all’altare. Stava infatti concludendo la Messa quando gli fu sparato e morì rivestito degli abiti sacerdotali sull’altare stesso. Credo che non possa essere immaginata morte più gloriosa per un vescovo. Da subito il popolo lo riconobbe come un santo e mentre le autorità cercavano di oscurare la memoria la tomba nella sua cattedrale diventava meta di continui pellegrinaggi. Quando San Giovanni Paolo II andò in Salvador gli fecero trovare chiuse le porte della Cattedrale ma Lui si fermò davanti e disse che non se ne sarebbe andato finchè non avessero aperto. Finalmente entrò e abbracciò la tomba gloriosa del martire Romero. Cercarono anche di strumentalizzare la sua morte ma ricordo quando, parlandone a tavola, il Papa divenne serio e ad alta voce disse “Romero non si tocca, è un martire ucciso sull’altare, diventato Eucarestia”. Otto nuovi santi. A San Giovanni Paolo II fecero notare che stava facendo troppe canonizzazioni e che sarebbe stato bene essere più selettivi e limitare il numero. Lui rispose che il Vaticano II aveva parlato della vocazione universale alla santità e che si doveva dimostrare che la chiesa é davvero Madre di Santi. Domenica sarà un grande momento per la chiesa in questo “tempo particolarmente difficile” e, a Dio piacendo, spero di esserci; ho conosciuto Paolo VI, è un santo in più che ho conosciuto personalmente insieme a San Giovanni Paolo II e a Santa Teresa di Calcutta, maestri che mi hanno fatto vedere il Vangelo vivo.


+Giuseppe Mani

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